L'Angolo Del Gattofilo:
NEMBO
Racconto di Donatella Mascia
Pedalava con vigore su per il sentiero; moriva dalla voglia di raggiungere casa. Là finalmente avrebbe avuto la calma sufficiente per ragionare sull’accaduto. Perché era fuggita via così? Avrebbe potuto fare altre mille cose invece di scappare, avrebbe potuto… cercare un dialogo. Così almeno non si sarebbe ritrovata in quella situazione incresciosa. Incresciosa? Di più! In quella situazione disperata, per dire pane al pane…
Racconto di Donatella Mascia
Pedalava con vigore su per il sentiero; moriva dalla voglia di raggiungere casa. Là finalmente avrebbe avuto la calma sufficiente per ragionare sull’accaduto. Perché era fuggita via così? Avrebbe potuto fare altre mille cose invece di scappare, avrebbe potuto… cercare un dialogo. Così almeno non si sarebbe ritrovata in quella situazione incresciosa. Incresciosa? Di più! In quella situazione disperata, per dire pane al pane…
Arrivata sull’aia scese dalla bici con un balzo perché, anche
se non era più una sgarzolina, l’agilità non era venuta meno.
Eccoli tutti quanti lì, ad aspettarla e a farle festa come
ogni giorno: una tribù di gatti festanti che si contendevano le sue attenzioni,
in mezzo a loro il cane Nembo.
-Poveri piccoli, come farò a badare a voi ora? - bisbigliò con un singhiozzo mentre si avviava verso la
vecchia cascina. Entrò, e con lei entrarono i suoi amici, sedette sulla sedia
impagliata e si prese la testa tra le mani.
Maledetto bancario! A lei quel denaro serviva, e come se le
serviva! Questione di sopravvivenza, già.
Nora allargò le braccia e strinse i mici che le si
strusciavano contro, così asciugando le sue lacrime; altri la osservavano dal
tavolo, dalla credenza, dal lavandino.
- Micini miei, da oggi solo croccantini, mi spiace!
Croccantini…finché ce la potrò fare…poi chissà! -
Vedendo lo sconforto di Nora, Nembo, che era conosciuto come cane sensibile
e appassionato, prese la grande decisione: doveva intervenire! Non se ne
sarebbe rimasto disteso sul tappeto a vederla piangere e disperarsi, che
diamine! Si alzò, si diede una scrollatina e uscì, diretto verso il paese. Per
il momento non aveva in mente alcuna
strategia. “Improvviserò” si disse
trotterellando per la discesa, girò a destra davanti alla fontanella,
concedendosi una bevutina e puntò diritto verso la banca.
Si sistemò dall’altro lato della
strada, con l’occhio fisso alla porta; non restava che aspettare pazientemente
sino all’ora di chiusura. Però idee in testa ne passavano poche e nell’attesa
una certa sonnolenza stava per avere il sopravvento. Qualche raro passante gli camminava
a fianco di tanto in tanto e lo guardava incuriosito, ma poi tirava dritto,
accelerando il passo.
Il bancario, seduto alla scrivania
dell’ufficetto, guardò l’orologio appeso alla parete. Appena le quattro. Non
vedeva l’ora di respirare un po’ d’aria fresca, stufo delle scartoffie, stanco
degli scocciatori pieni di pretese. Come quella Nora, che voleva il prestito
per un’operazione squinternata come aprire un negozio di marmellate nel bel
mezzo del paese! Figurarsi le marmellate artigianali, quando il mondo era già
strapieno di marmellate. E poi senza garanzie! Anzi, no, a voler essere precisi
una garanzia l’aveva: quella vecchia cascina diroccata, piena di gatti, su in
cima alla collina. Già, della Nora lo dicevano tutti in paese che era una mezza
sciroccata. Come si fa a concedere un prestito a una cosi? Una che vive con
cinquanta gatti e un cane, povero cane. Il bancario si diede una scrollata e
cercò di pilotare i suoi pensieri su qualcosa di piacevole. Se ne sarebbe
andato a casa e si sarebbe preparato una bella frittata, una frittatina con le
uova fresche e il parmigiano, una insalatina e, per finire, un budino al
cioccolato con una spruzzatina di panna.
Nembo ebbe un soprassalto quando un
rombo in avvicinamento gli fischiò nelle orecchie, anzi nell’orecchio dritto,
perché l’altro aveva il pessimo vizio di starsene pendulo, e per quanto impegno
ci mettesse per farlo stare in piedi, non c’era verso.
Il furgone blu scendeva con andatura
spedita giù per la discesa e, arrivato all’altezza della banca, si fermò di
botto con stridore di gomme. Quattro uomini, tutti in blu come il furgone,
saltarono fuori come schegge e si diressero all’interno. Imbracciavano qualcosa
che Nembo non riuscì a decifrare con precisione ma che aveva una straordinaria somiglianza
con cose come fucili, o oggetti similari.
L’orologio segnava le quattro e quaranta;
il bancario tirò uno sbadiglio. In quel momento la porta della banca si
spalancò. Chi poteva entrare in banca a quell’ora? Certamente gente di fuori. I
paesani erano rimasti ai vecchi orari e di solito si facevano vedere la
mattina.
Gli uomini alzarono le armi sul
bancario e sul collega dietro lo sportello. Non vi fu bisogno di proferir
verbo, tanto le loro intenzione erano palesi. Il bancario tremava come una
foglia, mentre due di loro saltavano dall’altra parte del banco.
Nembo intanto, capito che la
situazione non era delle più rosee, decise che era il momento di fare qualcosa
e senza esitazione si diresse verso la banca ed entrò.
I due rapinatori nell’atrio non gli
badarono, tanto erano impegnati a tenere sotto tiro gli impiegati mentre i due
complici riempivano un borsone con le mazzette arraffate dalla cassa.
Nembo si lanciò su quello dei due più
vicino all’ingresso, gli afferrò un polpaccio con la mandibola e strinse forte.
Un urlo invase il locale e per un attimo tutto si fermò.
-Maledetto cagnaccio! -
gridò il compare, puntò il fucile e sparò. Il colpo echeggiò per tutto
il paese.
Intanto Nembo, mollata la presa, era
saltato sopra il bancone e digrignava i denti accompagnandosi con un ruggito
sordo e minaccioso.
L’uomo col borsone gridò:
-Fuori da qui, presto! -
Gli altri due presero per le ascelle
il compagno azzoppato e corsero verso il furgone. Dietro di loro il quarto uomo
con il malloppo. Nembo non si diede per vinto, spiccò un balzo e infilò i denti
proprio nel borsone. Il rapinatore cercò di liberarsi della morsa e il borsone
si lacerò lasciando sull’asfalto mazzette di banconote.
Gli uomini saltarono sul furgone e si
lanciarono a capofitto su per la salita, mentre le sirene della polizia
echeggiavano in lontananza.
Nembo rimasto da solo sulla strada si
guardò attorno: non c’era nessuno. Afferrò tra i denti una mazzetta e girò
nuovamente lo sguardo; ancora nessuno! Un’altra mazzetta svolazzava sul
marciapiede. Perché lasciarla? Prese anche quella e scappò via.
“Non è andata poi così male” pensava Nembo
correndo con la coda dritta in mezzo ai campi.
Un racconto fantastico...libera la fantasia più concreta...quella che farebbe la felicità di ogni gattaro...la scrittura è chiara e lineare come sempre...Complimenti, Donatella!
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