venerdì 23 febbraio 2018


L'ANGOLO DEL GATTOFILO





“Al cuor non si comanda”


Racconto breve di DONATELLA MASCIA



Non sapeva che fare, intrappolato tra la folla che lo sospingeva da una parte all’altra. Si lasciava condurre come in un gioco: che fossero altri a scegliere per lui la direzione, per lui che non aveva più dove andare. Reggeva in una mano un borsone e sulla spalla uno zaino, messo di sghimbescio: poche cose raccolte in fretta e furia, giusto per la temporanea sopravvivenza. 
Le aveva sbattute dentro con rabbia, prima di andarsene. Che altro avrebbe potuto fare del resto? Lei lo aveva detto chiaro, papale papale:
“Alberto, io ho un altro.”
Un altro? Come un altro? Un altro chi? Era stata come una deflagrazione, un’esplosione interna di rabbia e delusione, un’esplosione muta e devastante.
Si era guardato attorno. “Che ci faccio io qui?” si era chiesto mentre i contorni delle cose si facevano opachi e tremolanti. 
Come una furia era entrato nella camera da letto, aveva preso qualcosa a caso dai cassetti e in un battibaleno si era ritrovato in strada. A piedi, visto che l’auto era di Giorgia, senza casa, visto che l’appartamento era di Giorgia, senza soldi, visto che il conto era intestato a Giorgia.  
“Tu pensa a portare lo stipendio e io mi prenderò cura della casa e dell’amministrazione” aveva detto lei con spirito collaborativo. Stupido che era stato! Giorgia aveva messo le mani su ogni cosa, impossessandosene. 
Come aveva potuto non rendersene conto? 
Non gli era rimasto neppure Bruto, anche Bruto era di Giorgia. Bruto, con il suo testone peloso e gli occhi languidi! “Ah Bruto quanti mi mancherai! “ Si rese conto in quell’istante che l’assenza di Bruto sarebbe stata insopportabile. Più di quella di Giorgia?  Sì, più di quella di Giorgia, doveva ammetterlo; basta menzogne: Bruto gli sarebbe mancato più di Giorgia!
La strada era affollata in quel freddo pomeriggio di dicembre; “logico, mancano pochi giorni a natale” pensò Giorgio provando una stretta al cuore ancora più dolorosa. Luci e brillii si riflettevano sulla strada bagnata dalla pioggia recente.
“E adesso che faccio?” si chiese Giorgio ritirandosi in disparte, stanco di fare la banderuola. Pensieri foschi gli attraversarono la mente; immaginò il baratro, si sarebbe lasciato cadere e in pochi attimi tutto sarebbe finito.  
Fu proprio allora che lo vide passare, immerso nella folla. Gridò il suo nome: “Bruto!” Lui si fermò di scatto, si girò, lo vide, prese la rincorsa e gli si gettò al collo con tanta energia che ruzzolarono assieme a terra. Bruto gli stava addosso e gli copriva la faccia di linguate. La gente si era disposta a capannello e li guardava esterrefatta, ma loro, incuranti continuavano a tenersi stretti.
Ora Giorgio sapeva che cosa avrebbe fatto!
Vieni Bruto, andiamo a cercare la nostra nuova casa!
Sciolsero l’abbraccio, si rialzarono e si allontanarono fianco a fianco, con espressione gioiosa.
‒Poi mi racconti come hai fatto a fuggire da quella strega! ‒ commentò Giorgio con voce commossa.
‒Warf! ‒ rispose Bruto in segno di assenso.



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1 commento:

  1. Magistrale ed essenziale racconto, che ribadisce quanto l'amore di un animale spesso sia più tenace e fedele del nostro, prorompendo nelle più difficili situazioni in cui la vita agra prima o poi ci costringe.
    Grazie, Donatella, della chiara scrittura e dell'alto significato che ci consegni.

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