L'ANGOLO DEL GATTOFILO
“Al cuor non si comanda”
Racconto breve di DONATELLA MASCIA
Non sapeva che fare, intrappolato tra la folla che lo sospingeva da una parte all’altra. Si lasciava condurre come in un gioco: che fossero altri a scegliere per lui la direzione, per lui che non aveva più dove andare. Reggeva in una mano un borsone e sulla spalla uno zaino, messo di sghimbescio: poche cose raccolte in fretta e furia, giusto per la temporanea sopravvivenza.
Le aveva sbattute
dentro con rabbia, prima di andarsene. Che altro avrebbe potuto fare del resto?
Lei lo aveva detto chiaro, papale papale:
“Alberto, io ho un altro.”
Un altro? Come un altro? Un altro
chi? Era stata come una deflagrazione, un’esplosione interna di rabbia e
delusione, un’esplosione muta e devastante.
Si era guardato attorno. “Che ci
faccio io qui?” si era chiesto mentre i contorni delle cose si facevano opachi
e tremolanti.
Come una furia era entrato nella camera da letto, aveva preso
qualcosa a caso dai cassetti e in un battibaleno si era ritrovato in strada. A
piedi, visto che l’auto era di Giorgia, senza casa, visto che l’appartamento
era di Giorgia, senza soldi, visto che il conto era intestato a Giorgia.
“Tu pensa a portare lo stipendio e io mi
prenderò cura della casa e dell’amministrazione” aveva detto lei con spirito
collaborativo. Stupido che era stato! Giorgia aveva messo le mani su ogni cosa,
impossessandosene.
Come aveva potuto non rendersene conto?
Non gli era rimasto
neppure Bruto, anche Bruto era di Giorgia. Bruto, con il suo testone peloso e
gli occhi languidi! “Ah Bruto quanti mi mancherai! “ Si rese conto in
quell’istante che l’assenza di Bruto sarebbe stata insopportabile. Più di quella
di Giorgia? Sì, più di quella di Giorgia,
doveva ammetterlo; basta menzogne: Bruto gli sarebbe mancato più di Giorgia!
La strada era affollata in quel
freddo pomeriggio di dicembre; “logico, mancano pochi giorni a natale” pensò
Giorgio provando una stretta al cuore ancora più dolorosa. Luci e brillii si
riflettevano sulla strada bagnata dalla pioggia recente.
“E adesso che faccio?” si chiese Giorgio
ritirandosi in disparte, stanco di fare la banderuola. Pensieri foschi gli
attraversarono la mente; immaginò il baratro, si sarebbe lasciato cadere e in
pochi attimi tutto sarebbe finito.
Fu
proprio allora che lo vide passare, immerso nella folla. Gridò il suo nome: “Bruto!”
Lui si fermò di scatto, si girò, lo vide, prese la rincorsa e gli si gettò al
collo con tanta energia che ruzzolarono assieme a terra. Bruto gli stava
addosso e gli copriva la faccia di linguate. La gente si era disposta a
capannello e li guardava esterrefatta, ma loro, incuranti continuavano a
tenersi stretti.
Ora Giorgio sapeva che cosa
avrebbe fatto!
‒Vieni Bruto, andiamo a cercare
la nostra nuova casa! ‒
Sciolsero l’abbraccio, si rialzarono e
si allontanarono fianco a fianco, con espressione gioiosa.
‒Poi mi racconti come hai fatto a
fuggire da quella strega! ‒ commentò Giorgio con voce commossa.
‒Warf! ‒ rispose Bruto in segno di
assenso.
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